In elegante equilibrio tra leggerezza e profondità, Geppy Gleijeses porta in scena in veste di regista venerdì 14 novembre al Teatro Gentile di Fabriano – nella stagione promossa dal Comune con l’AMAT – L’importanza di chiamarsi Ernesto, capolavoro di Wilde, cogliendo con acuta sensibilità l’ironia sottile e il meccanismo infallibile della “commedia perfetta”. Con la sua inconfondibile presenza scenica, Lucia Poli dà vita a una Lady Bracknell imponente e irresistibile, perfetta nel restituire – con affilata ironia – le contraddizioni di un mondo ossessionato dalle apparenze.
A distanza di anni, questa nuova edizione è un’occasione per riscoprire l’attualità di Wilde, capace di mettere in discussione con ironia temi senza tempo come la verità, l’identità, il conformismo, il desiderio di essere accettati. Un ritratto brillante e irriverente di una società che si riflette, spesso inconsapevole, nelle proprie ipocrisie. A più di un secolo dal suo debutto nel 1895 a Londra, il testo conserva intatta la sua vivacità e la sua sottile carica corrosiva. E così prende corpo il gioco irresistibile dello scrittore: quell’universo raffinato e suggestivo di identità fasulle, verità taciute e battute fulminanti che continua a parlare con sorprendente freschezza. Un linguaggio ricco di equivoci provoca situazioni comiche che mettono sotto la lente di ingrandimento l’ambiente salottiero della società vittoriana, ma soprattutto il principio di verità e falsità degli avvenimenti e dell’identità dei vari personaggi. La commedia invita a riflettere su come anche oggi le convenzioni influenzino le vite e le scelte di ognuno.
«Dall’altra parte del vecchio Continente, il genio di Oscar Wilde esaltava “l’importanza di non fare niente”, sottotitolo del suo saggio The critic as artist. Siamo – scrive Geppy Gleijeses nelle note di regia – nell’ostentata ricchezza in cui l’unica preoccupazione è la decisiva importanza di un nome “Earnest” e la pigrizia è l’unico divino frammento dell’esistenza degli dei che il paradiso ha lasciato all’uomo. Da autore sociale che contrasta matrimonio, famiglia e proprietà privata ed esalta l’arte come strumento di propaganda e di lotta, si passa alla totale noncuranza. Wilde riassume la commedia in poche sferzanti parole: “Dovremmo trattare molto seriamente tutte le cose frivole e con sincera e studiata frivolezza tutte le cose serie della vita”. I peccati esecrandi in Salomè e innominabili in Dorian Gray, sono presentati in una nuova chiave e si traducono nella smodata ed egoistica passione di Algernon per i tramezzini al cetriolo. Ma anche quello è un mondo che va alla deriva e Oscar Wilde morirà pochi anni dopo, avendo conosciuto il carcere e il disonore. Reinterpretare Wilde e la sua “Importanza” ti consente di leggere in modo più articolato quella che passa per essere la “commedia perfetta”. La competizione può scattare con Le nozze di Figaro di Beaumarchais, altro gioiello insuperabile. Ma qui, attraverso un’implacabile lente deformante, si legge tutto il marciume mal celato dell’Età vittoriana, quel moralismo omofobo e d’accatto che Wilde profondamente detestava e che lo avrebbe condotto alla rovina. Sembra assurdo, ma questa è la sua ultima commedia, si cammina incoscienti, felici e ridenti sull’orlo dell’abisso. Il nostro compito era quello di continuare a giocare e far funzionare la macchina, ma, in tralice, il ridente parco della “Manor House” è un bosco in movimento e un po’ inquietante e nella casa di Algernon campeggia un martirio di San Sebastiano, un meraviglioso esempio di estetica trafitta dai dardi del destino. Come un destino crudele trafisse Oscar Wilde. E il suo personaggio, quello a cui egli affida le sue battute più pungenti e geniali, è Algernon, lo specchio del suo autore. Anche se non dimentichiamo che il personaggio che l’autore avrebbe voluto interpretare è Lady Bracknell che ricorda la regina Vittoria ed è una delle parti più scintillanti mai scritte per il teatro. Mi correggo: ho detto parte. No, è un monumento ed ora come anni fa quel monumento è Lucia Poli. Credo che forse Wilde l’abbia scritto per lei».
Completano il cast gli attori Giorgio Lupano, Maria Alberta Navello, Luigi Tabita, Giulia Paoletti, Bruno Crucitti, Gloria Sapio, Riccardo Feola. Le scene dello spettacolo – prodotto da Dear Friends and Artisti Associati – sono di Roberto Crea, i costumi di Chiara Donato, le musiche di Matteo D’Amico.
Per informazioni: AMAT 072 2072439 e biglietterie circuito vivaticket, biglietteria del teatro 0732 3644. Inizio spettacolo ore 21.